Non è un caso che io sia qui a scrivere queste parole.
Scrivevo. Canzoni, poesie, un piccolo racconto. Poi il nulla , il vuoto. Qualcosa si spezzò: ero io. Andai in mille pezzi. E con me le mie parole. Soggetto postmoderno frantumato dalla velocità...
Dicevo, è ora. Di raccogliere i frammenti, di ricostruire il quadro.
Pensieri inquieti
fermate i vostri gentili
omicidi crudeli
E avvolgete le vostre pene
nel cuore pensoso
E tu:
lingua mia che fai della mia bocca
un conio che stampa
i miei pensieri in bella forma
Fermatevi perché altrimenti
Reciderò la corda, reciderò la corda
che lascerà il martello
libero di colpire.
Ma cosa può fermare i miei pensieri
O trattenere per sempre la mia lingua?
Quando questi occhi,
chiavi di labbra e cuore,
apriranno il luogo
in cui sta tutto il mio
amore,
Li sigillerò nelle loro palpebre
in eterno;
Così che pensieri e parole,
parole e pensieri
E sguardi, insieme, moriranno.
Allora come potrò fissare
la mia amata
negli occhi?
I miei pensieri
hanno bisogno di uscire, o
si romperà il mio cuore
La mia lingua si arruginerebbe
nella bocca
Se occhi e pensieri
fossero liberi invece
di tacere.
Dunque che parlino
e raccontino le passioni
del desiderio
Che trasforma i miei occhi,
i miei occhi
In flutti e i miei pensieri in fiamme.
John Dowland
Drammaturgia liturgica, articolazione del vissuto spazio-temporale e, aggiungerei, ri-composizione essenziale.
C'è un esilio da scontare... Che il tutto sia più delle singole parti!
Grazie per l'invito, davvero...
Buonanotte