venerdì 28 marzo 2008

Chi ha paura della Semiotica?

Giano bifronte, senza dubbio. Strtturalismo e generativismo ma anche (grazie Veltroni), interpretazione, interpretazionismo (?)... La semiotica si ciba di meccanismi, quelli della significazione, descrive il funzionamento di testi, che andrebbero forse considerati non più solo ergon ma energeia. Il Giano semiotico guarda contemporaneamente due direzioni opposte, eppure contempla una sola radice: il collo della sua doppia testa. La Semiotica sarà pertanto frivola e impegnata, accattivante ma svilente, coerente nella sua disomogeneità. E' la sua escheriana natura a renderla viva, e la consapevolezza di questa stessa natura che interessa.
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martedì 11 marzo 2008

Sguardi in parole

"Contro corrente, polemica, critica, bastian contrario, non ti va mai bene niente, a volte le tue parole sono taglienti."
Ah ah.
Sarò come mi vedete.
Vergine sporca, col mal di schiena, antipatica, frivola, imbranata, buffa.
Sarò come mi guardate.

Esprimiamo pensieri linguistici, concordo.
Il flusso continuo è però attraversato da cesure percettive.
Lo sguardo e non le parole, questo è il mio disaccordo.
Se guardando pensiamo e pensando parliamo, allora guardando parliamo:

E’ malefico

Sembra se la stesse ridendo sotto i baffi

E’ felice, voglioso, potrebbe avere sotto una torta... desideroso ecco.

Sembra ridere dopo aver pianto

Adesso dicci tu!

Ha lo sguardo di una bestia selvaggia

E’ un pizzaiolo che tenta di avere la mancia. Con sicurezza, l’avevo già pensato.


Essi sono sguardi imparolati di imparanoiati che pensano un volto.

Adesso dite voi!

mercoledì 5 marzo 2008

Ritorno al non-qui

Forse mi sono un po' persa. Succede se si va in esilio in un posto, che sia anche un non-posto della virtualità, in questo momento, per esempio, sono in esilio in un post. A ben pensarci ho sempre scritto per perdemi, in un dettaglio, in una sensazione, in un volto. Si parla spesso di efficacia, di bersagli da centrare o, almeno, da focalizzare. Questo sembra essere il segreto del successo, che sia professionale o personale. Eppure, in questo non-qui, non-ora, il mio essere io voleva provare a perdersi per ritrovarsi, anche. Voleva essere un luogo senza coordinate, senza ragioni, senza identità né nomi. Un luogo siffatto dovrebbe solo evocare, mediante la scrittura che è sorella di ogni smarrimento, di ogni perdizione.
Pensate anche voi, come me, che paradossalmente ci si possa sentire a casa, in un posto come questo? Pensate che sia proprio nella crisi che si annidi la rivoluzione?
Tempi ambigui e confusi vive da tempo la terra dove sono nata. Tempi di continue campagne elettorali, e schede esattoriali, i tempi del "ma anche" e del "perché no", del "si può fare" e del "perché non farlo". Domande retoriche e accanimenti terapeutici, revisionismo, negazionismo, abolizionismo, antiproibizionismo. Mi viene il dubbio che il suffisso in -ismo celi qualcosa di losco e banale, un'etichetta nella quale identificarsi. Vorrei bandire le facili identificazioni. Vorrei poter cercare di comprendere tutto per poi distruggerlo con le parole. Nelle parole in cui mi perdo, nella Lingua che ritrovo, desidero godere di questa piccola circolarità e trarne, con voi, beneficio.